Emergency & Renzo Piano:  “Il nostro ospedale in Africa”

Ce lo progetti tu, Renzo? Sì, ho risposto senza pensarci un secondo”.
Gino e Cecilia Strada con il grande architetto: “Sarà per i bimbi di tutto il continente. Aiutare loro è aiutare noi stessi”emergency_uganda_600x300

Attrezzature di ultima generazione ma dobbiamo cercare di dare anche luce e colore. Ecco le strisce orizzontali di ceramica sulle facciate, rosso, gialle, blu, che aiutano anche a staccare le gocce di pioggia e a isolare dall`acqua”. E il discorso pare allontanarsi dall`architettura. Ma forse ne racconta il lato meno noto: “L`architetto, oltre a calcoli strutturali e bellezza delle forme, deve capire lo stato d`animo delle persone che abiteranno le sue costruzioni. I bambini arriveranno spesso soli, vivranno il momento misterioso e sospeso che è la malattia. Gli spazi non contano solo per ragioni estetiche, ma per sentirsi nel proprio mondo. Per stare insieme. È la grande domanda dell`architettura: viene prima lo spazio o quello che vi succede dentro? Vogliamo un luogo che aiuti la convivialità e la solidarietà, versione laica della fede”

Cecilia e Gino Strada , Piano, Giorgio Grandi osservano il plastico, ma non vedono soltanto la costruzione: “Quando chiedono alla gente di Emergency perché sono così buoni, rispondiamo che è anche egoismo”, dice Cecilia. Piano traccia linee sul foglio come a dare forma alle parole: “Egoismo e altruismo, o almeno realismo, hanno spesso una radice comune. Penso all`Africa e alle masse immense che da laggiù”, lo sguardo di tutti torna alla mappa, dal progetto dell`ospedale siamo arrivati a temi grandi, povertà e immigrazione, “attraversano deserti e mari per venire da noi. Se aiutiamo loro, aiutiamo anche noi. Abbiamo tanto qui in Europa e in America. Basterebbe rinunciare a pochissimo, e cambieremmo la vita di miliardi di persone”.

Ci hanno messo tutto questo Renzo Piano e gli architetti nel progetto dell`ospedale.

emergency_uganda_800x569Dobbiamo aiutare l`Africa per egoismo. Ai nostri figli dobbiamo garantire un mondo migliore. Di pace. Perché siano sicuri e liberi è necessario eliminare la disperazione e il dolore che alimentano tensione e terrore. Aiutare l`Africa significa aiutare noi stessi”.

Cecilia e Gino Strada – la presidente e il fondatore di Emergency – sono seduti al tavolo dello studio di Renzo Piano. Difficile immaginare un luogo più lontano dai mali del mondo: oltre le vetrate vedi il blu dicembrino del mare di Genova. Il cielo è trasparente. Intorno decine di architetti disegnano le città del futuro. Ma l`Africa, le migrazioni, i grandi squilibri dell`umanità arrivano fino qui. Renzo Piano con il pennarello verde in mano traccia uno schizzo sull`inseparabile foglio A4: “Gino Strada opera, fuma e pensa. Non si ferma mai”, Piano posa una mano sul braccio dell`amico. “Quando lo ascolti resti rapito. Non puoi resistergli. Un giorno mi ha detto: voglio costruire un ospedale per bambini inAfrica. Il mio sogno, ha detto Gino, è un centro così all`avanguardia che un bambino europeo possa andare a curarsi là.

Gino Strada ti fissa con gli occhi accesi, spalancati. Ha un`espressione vigile, quasi turbata. Un`urgenza perenne lo tiene vivo. Capisci che il suo sguardo vede altro: “La gratuità, vorremmo partire da qui. La salute deve essere un diritto garantito a tutti. Non vorremmo solo che i bambini africani venissero a curarsi qui, il principio è l`opposto. Portare le cure da loro, lasciarli nel loro mondo nel momento della sofferenza, con medici africani. Bisogna formare équipe locali”. Ma Strada abbandona i discorsi teorici. Si appoggia al tavolo e guarda il modellino dell`ospedale: “I cantieri partiranno a gennaio. Abbiamo scelto Entebbe, in Uganda. È una zona salubre sul lago Vittoria, raggiungibile da tutto il paese. Siamo vicino a un aeroporto, i bambini potranno arrivare da tutta l`Africa. Magari con i genitori. Pagheremo noi il volo”.

È Cecilia, figlia di Gino e nuovo timoniere di Emergency, a raccontare l` ospedale: “Avremo 78 letti con sale operatorie e ambulatori. Costerà 24 milioni, ne abbiamo raccolto i1 75 percento.Ha contribuito il governo ugandese, ma ci sono anche donazioni di industriali italiani e soprattutto i contributi dei cittadini comuni, la forza di Emergency”.

Cecilia si alza, indica la seconda costruzione del plastico, “mancano solo cinque milioni, per i locali per le famiglie. Ma ce la faremo. In tutto il continente – a parte il Sudafrica non esistono strutture così”, guarda la mappa dell`Africa alla parete: 30 milioni di chilometri quadrati, 1,2 miliardi di abitanti, una vita media che in alcuni paesi non raggiunge i cinquant`anni.

“Siamo partiti da un albero”, raccontano Renzo Piano e il suo partner Giorgio Grandi, “Una grande acacia, forse. Come quelle dei villaggi ugandesi. Ecco il centro del progetto, l`albero e il cortile. Qui la gente deve incontrarsi, parlare nel momento della sofferenza. Utilizzeremo materiali africani: la terra, l`aria e anche la luce”. Renzo Pianoprende una mattonella scura: “Vedi”, indica con il dito, “I muri spessi sessanta centimetri saranno costruiti con terra compressa a pressione elevatissima. Il cemento è appena il cinque per cento. Pensa… quando abbiamo cominciato a progettare ci serviva quella terra per studiarla. Abbiamo chiesto all`architetto Raul Pantaleo, che lavora con noi a questo progetto, di portarcene un po`. Alla dogana l`hanno fermato, non capivano perché volesse imbarcarsi sull`aereo con le valigie piene di terra!”.

Ma serve altro: “Sopra i padiglioni c`è una tettoia per riparare dal calore, ma anche per far circolare fresco. Sì, questi edifici sono fatti anche d`aria. E poi c`è la luce africana raccolta da 2.492 pannelli fotovoltaici che garantiscono l`elettricità”. Non è solo una trovata progettuale. “Vogliamo mettere insieme i luoghi con la tecnologia più avanzata.

La riunione è finita. “Siamo partiti da un albero”

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La scheda

Un ospedale che offra cure di alta qualità e gratuite per la popolazione, come i migliori centri occidentali, e formazione a medici e infermieri locali, in una costruzione che sia un modello di architettura, un edificio bioclimatico costruito secondo la tecnica locale con terra cruda, questo è il programma per il nuovo centro di chirurgia pediatrica progettato dall’architetto Renzo Piano per Emergency, ONG italiana fondata da Gino Strada.
Il centro è in costruzione in Uganda, sulla riva nord del Lago Vittoria in una zona alberata in leggera pendenza verso il lago. Al progetto è dedicato un focus speciale nella mostra “La méthode Piano” in corso a Parigi, alla Cité de l’architecture & du patrimoine.

Il centro è composto da tre corpi di fabbrica paralleli con grandi coperture piane. Il primo più piccolo, ad un solo livello per gli spazi di accoglienza. Gli altri, a due livelli, sono posti ai lati della corte con sale operatorie e rianimazione nel seminterrato. La corte centrale è un giardino con un grande albero, su cui affacciano corridoi e camere, delimitata ad ovest dall’edificio con gli alloggi del personale.
Le costruzioni sono realizzate secondo la tecnica locale “pisé” costituita da una mescola di terra, sabbia, ghiaia e acqua, pressata in casseformi di legno con l’aiuto di martelli meccanici. Per migliorare le caratteristiche di resistenza meccanica e superficiale del composto sono stati eseguiti test in Italia e messi appunto nuovi addensatori chimici presso i laboratori di Mapei.
Elemento chiave del progetto sono le grandi coperture piane, costituite da travi in legno e tiranti in acciaio, che proteggono l’ospedale dalle intemperie e dal sole e sorreggeranno 5000 mq di pannelli fotovoltaici offerti da Enel Green Power per la produzione di 400 kW di energia.

I numeri

24 milioni, il costo dell`ospedale che Renzo Piano ha progettato per Emergency. I lavori, a Entebbe (Uganda), partiranno a gennaio

78 posti letto. Saranno curati bambini da tutta l`Africa. Sarà un centro di eccellenza come quello cardiologico di Emergency in Sudan

2.492 Pannelli fotovoltaici che danno tutta l`energia necessaria

Fonti:
Il fatto Quotidiano – Floornature
photo © Emergency NGO Technical department